100 passi ancora

Oggi è il 9 maggio e sono 46 anni che la mafia, in particolare Tano Badalamenti, ha ucciso Peppino Impastato, cercando poi di far passare  l’omicidio per l’incidente di un terrorista impedito.

Lo ricordiamo riportando la recensione di un libro: 100 Passi ancora di Salvo Vitale (Rubettino, 2014)

https://www.libreriauniversitaria.it/cento-passi-ancora-peppino-impastato/libro/9788849841862

di Piero Orsatti

”  le barche escono dal porto una dietro l’altra e sciamano per il mare. Pietro sa dove ognuna sta andando, cosa va a pescare, che strumenti usa.

– Ti manca?

La domanda mi coglie di sorpresa: – Moltissimo.

– Si fermava ogni sera qua, per qualche minuto. Come te. Anche quella sera.

Pensato come una sceneggiatura, scritto come un diario, “Cento passi ancora” di Salvo Vitale (Rubbettino editore) non è l’ennesimo libro su Peppino Impastato. Racconta altro. Si concentra su quello che è stato il percorso umano e politico di un uomo, l’autore, e di un gruppo di ragazzi che una mattina si svegliano precipitando nell’incubo di apprendere che uno di loro è stato ucciso. Dalla mafia.

La scrittura di Salvo è asciutta, precisa, spietata. ripercorre quei giorni e gli anni a seguire. Il tentativo di criminalizzare Impastato e i suoi compagni, i depistaggi, l’isolamento, la paura, il dolore. E la rabbia. Racconta del coraggio della madre di Peppino, Felicia, e di suo fratello Giovanni. Descrive cosa rappresentasse fare politica in quegli anni e in un posto come Cinisi. Con tratto lieve racconta una generazione.

Peppino emerge nel racconto attraverso appunti, poesie, frammenti di cose scritte e mai lette o pubblicate. Mentre i suoi compagni si trovano ad indagare sulla sua morte inevitabilmente sono costretti ad entrare in stanze sconosciute, dolorose, complesse. Da quei frammenti emerge ancora più forte la determinazione e la verità su quell’omicidio e sul tentativo di pezzi dello Stato di nasconderlo e poi archiviarlo.

La morte di Peppino ha segnato inevitabilmente la vita di Salvo. Attraverso il suo lavoro e il suo impegno ha cercato, anche con questo libro, di dare senso al dolore e al suo percorso umano. Non è possibile altra interpretazione per una vita segnata da un trauma del genere. Che non è stato solo personale ma anche politico.

Per me è difficile scrivere di Salvo Vitale. L’ho conosciuto quando era già un professore in pensione con la penna tagliente di chi ne ha viste troppe nella vita. E tutte insieme. Forse non ha capito, e io certamente non sono riuscito a dirgli, che ha lasciato segni profondi nel mio modo di pensare e di affrontare le cose sui cui scrivo. Leggendo questo libro ho dato nuovo senso a quei suoi “stai attento” dopo una telefonata in cui gli raccontavo gli sviluppi del lavoro di inchiesta sulla stesura del libro sulle mafie a Roma. O di quel suo silenzio, una mattina di qualche anno fa a Partinico, prima che salissi sulla macchina di una persona che “non aveva una bella faccia”. Non gli avevo detto perché e chi dovevo incontrare, ma il suo sguardo e il suo silenzio erano ben più incisivi di mille “in campana”. Ne abbiamo parlato solo dopo. “Mi ero preoccupato un po’”. Non credo sia facile vivere sempre con tutti i sensi in allerta.

“Cento passi ancora” sarebbe stato un gran film. È un gran libro.

– Ammazzaru a Peppino.

È il pugnale che entra tra le costole e arriva dritto al cuore. Ma non c’è tempo per sentire dolore. Indosso in tutta fretta camicia, pantaloni, ho il tempo di dire a Silvana “pensa ai bambini”, esco con le ciabatte

https://www.peppinoimpastato.com/visualizza.asp?val=2447

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